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S.O.S: Come dire ai figli che mamma e papà si separano o divorziano

Una guida per fasce d’età

La notizia che mamma e papà si stanno separando colpisce un bambino di tre anni e un bambino di undici anni in modo diverso. Ecco come aiutare i bambini a gestire la situazione  a qualsiasi età.

Due genitori premurosi si sedettero accanto al loro figlio in età prescolare per informarlo del loro imminente divorzio. Con attenzione e dolcezza, gli dissero che mamma e papà avrebbero smesso di vivere insieme e che da quel momento avrebbero vissuto in case diverse, ma lui li vedrà comunque regolarmente entrambe. Finirono col dirgli il punto più importante, che mamma e papà lo amavano ancora di più e gli chiesero se avesse delle domande. Il bambino di quattro anni rimase in silenzio, poi disse: “Chi si prenderà cura di me?”

Questa piccola storia, raccontata dallo psicologo, mediatore e scrittore californiano Joan B. Kelly, offre una finestra sulle differenze tra le esperienze di divorzio tra adulti e bambini. Questi genitori avevano fatto tutte le cose giuste, avevano cercato una consulenza professionale e cercavano di dare a loro figlio le informazioni essenziali senza agitarlo. Eppure non sono riusciti a superare questo punto chiave, che poteva sembrare ovvio per loro, ma non lo era per il figlio.

Gli adulti vedono il divorzio per la complessa e sfaccettata situazione che è. I bambini piccoli tendono a vederlo in termini concreti ed egocentrici. Grandi rassicurazioni significheranno poco per un bambino che si chiede, “Dove vivrà il gatto?”,ad esempio . Capire dove sono i bambini, a livello evolutivo, può aiutarli ad adattarsi alla realtà del divorzio.

Come parlare ai figli dai 3 ai 5 anni sul divorzio:

  •  iniziano a sviluppare l’indipendenza, ma ancora altamente dipendenti dai genitori
  • capacità limitata di comprendere causa ed effetto; ancora incapaci di pensare al futuro
  • la comprensione del mondo ruota intorno a se stessi
  • la linea tra fantasia e realtà è a volte sfocata
  • alcune capacità di pensare ai sentimenti, ma limitata capacità di parlarne.

 

Quando ho incontrato Nicola e sua moglie Lisa l’autunno scorso, mi hanno raccontato della loro separazione e che i loro due figli, Andrea, sei anni, e Caterina, quattro, erano già abituati a stare con papà la maggior parte del tempo, dal momento che il lavoro di mamma la teneva fuori  città sempre, tranne per pochi giorni al mese. Quindi, quando Lisa si trasferì dalla loro casa di Milano a Firenze,  ci volle un po ‘di tempo per capire il cambiamento. Quando i bambini tornarono a Milano dopo la loro prima visita a Firenze,del fine settimana alla mamma, Caterina disse: “Mamma torni  a casa nostra aMilano?” Anche se l’avevano appena lasciata. Ci vorrà tempo per la piccola e molte spiegazioni semplici, prima che lei possa capire e metabolizzare come stanno realmente le cose.

 

A cosa prestare attenzione: i segni di sofferenza nei bambini in età prescolare includono paura, rabbia o instabilità emotiva, che possono essere espressi indirettamente attraverso l’attaccamento, l’ansia o l’irritabilità generale. I bambini in età prescolare possono anche rallentare il loro sviluppo e avere risvegli notturni frequenti, per esempio.

Con la loro limitata capacità cognitiva, i bambini di tre e quattro anni possono sviluppare idee imprecise sulle cause e gli effetti del divorzio, specialisti in parent coaching americani hanno affermato che i bimbi in questa situazione pensano: “Se papà è quello che lascia la casa, ‘papà mi ha lasciato,’ piuttosto che ‘papà ha lasciato mamma,'”.  I bambini devono capire che la decisione di vivere separati è una decisione degli adulti e per  loro è difficile capirlo.

 

Priorità genitoriali: la cura costante da ai bambini un senso di stabilità e rassicurazione, quindi, per quanto possibile, le vite dei bambini devono essere ancorate alle loro normali abitudini (pasti, giochi, bagno, letto) in presenza di un genitore che è “lì per loro”. Questo, ovviamente, è importante per tutti i bambini , ma soprattutto dopo il divorzio.

I bambini in età prescolare hanno bisogno di spiegazioni semplici e concrete. Attenersi a quelle basiche: quale genitore si trasferirà, dove il bambino vivrà, chi si occuperà di lui e con quale frequenza vedrà l’altro genitore. Siate preparati alle domande; fornite risposte brevi, quindi attenderete per vedere se ce ne sono altre. Non aspettatevi che una conversazione  finisca il vostro lavoro; pianificate diversi e brevi colloqui coi piccoli.

Come parlare ai figli dai 6-11 anni sul divorzio:

Da 6-8 anni 

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OBIETTIVI E RISULTATI ” BEN FORMATI” TI AIUTANO A VIVERE MEGLIO

La maggior parte delle persone ha scopi o obiettivi, cose che cerca di fare o di raggiungere. Magari ci concediamo un attimo dopo Natale e stiliamo una lista di intenzioni per l’anno nuovo, ma troppo spesso a metà gennaio ce ne siamo già dimenticati o ci siamo già arresi.

In base alla mia esperienza, preferisco  usare il termine “risultato” invece che “obiettivo”.
Il dizionario definisce la parola risultato come “qualcosa che consegue a un’azione; la conseguenza di qualcosa”.

La differenza tra obiettivo e risultato desiderato può non essere immediatamente evidente, ma è rilevante:

  • un obiettivo è sempre qualcosa che desideriamo
  • un risultato è ciò che otteniamo in conseguenza delle nostre azioni. Non è tuttavia necessariamente qualcosa che desideriamo.

La ragione per cui i propositi per l’anno nuovo spesso muoiono sul nascere o non mettono mai radice è che essi sono spesso, “mal formati”: non sono specifici o hanno conseguenze che non abbiamo considerato e che inconsciamente ne impediscono la realizzazione.

 

RISULTATI “BEN FORMATI”

Nel business si usa spesso la sigla SMART  (acronimo di SpecificoMisurabileAttualizzabile,   Realistico e Temporalmente determinato) per indicare il criterio di definizione di buoni obiettivi. Si tratta di un processo valido e prezioso, che ha però i suoi limiti. Gli obiettivi possono comunque risultarne non del tutto definiti e ponderati.

E’ importante che i risultati desiderati siano “ben formati”, ossia che soddisfino una serie di rigorosi criteri o “condizioni di buona formazione”, studiati per aumentare le probabilità di successo. Questi criteri sono:

  1. Il risultato desiderato deve essere espresso in termini affermativi.
  2. Deve essere il più specifico possibile.
  3. Deve essere sottoposto al proprio controllo.
  4. Bisogna avere accesso alle risorse necessarie.
  5. Deve conservare eventuali vantaggi e benefici preesistenti.
  6. Bisogna considerare il contesto.
  7. Deve avere una procedura di verifica basata sui sensi Bisogna controllare che sia ecologicamente sostenibile.
  8. Bisogna definire il primo passo da compiere.

 

  1. IL RISULTATO DESIDERATO DEVE ESSERE ESPRESSO IN TERMINI AFFERMATIVI

 

Molte persone esprimono i propri obiettivi in termini negativi:

  • Non voglio più fumare
  • Non voglio sentirmi nervoso quando parlo in pubblico
  • Non voglio preoccuparmi del futuro

C’è tuttavia un problema legato a questo modo di pensare, dovuto al particolare funzionamento della nostra mente. Quando utilizziamo delle formulazioni per negazione, finiamo per concentrarci su ciò che non vogliamo, cosa che sortisce l’effetto opposto di quello voluto.

Se qualcuno vi dice “Non pensare a una chitarra”, l’unico modo per ricordare di non pensarci è proprio pensarci. Dovete portare alla mente la chitarra e poi cancellarla. Per questo la PNL insiste sul fatto che tutti i risultati desiderati siano espressi in termini affermativi.

Dunque “Non voglio sentirmi nervoso quando faccio presentazioni” viene trasformato in “Voglio sentirmi sicuro di me quando faccio presentazioni”: una formulazione su cui la mente può concentrarsi senza distrazioni.

Può sembrare un semplice gioco di parole, ma formulare i risultati desiderati in termini positivi è un passo cruciale per realizzarli.

 

  1. DEVE ESSERE SOTTOPOSTO AL PROPRIO CONTROLLO

 

È anche essenziale che il risultato desiderato sia sottoposto al vostro controllo

Il problema di un risultato come “Voglio che mia figlia vada bene all’università” è che non è totalmente sottoposto al proprio controllo: dipende dalle azioni della figlia.
Voglio fornire tutti i materiali e il sostegno necessario perché mia figlia studi”, o “Aiuterò mia figlia in tutti i modi possibili” sono entrambi risultati ben formati in questo senso.

L’essenza di questo requisito, come la esprimono Steve e Connirae Andreas in Heart of the Mind, è che:

“l’obiettivo è formulato in un modo che implica che sarete voi stessi a realizzarlo, indipendentemente  da quello che fanno le altre persone”.

 

  1. DEVE ESSERE IL PIÙ SPECIFICO POSSIBILE

 

Molti risultati desiderati sono vaghi e nebulosi, come “Voglio fare qualcosa di interessante” o “Voglio essere ricco”.

Quando raffiniamo un risultato desiderato chiarendo i dettagli, il tutto diviene più vivido e reale. Più specifici siamo, meno è probabile che ci ritroviamo alla fine con qualcosa di indesiderato.

Volete essere ricchi?
Quanto ricchi, specificamente?
Volete fare qualcosa di interessante?
Cosa, esattamente?

Risultati desiderati troppo piccoli o che sembrano irrilevanti potrebbero non essere abbastanza motivanti. Se è questo il caso, può essere necessario passare a un risultato di un livello sovraordinato e più generale, un “meta-risultato”. Il risultato “pulire la macchina una volta alla settimana” può sembrare da poco, ma se è collegato a “mantenere in buone condizioni la macchina così da poterla vendere al prezzo più alto” apparirà molto più valido.

 

  1. DEVE AVERE UNA PROCEDURA DI VERIFICA BASATA SUI SENSI

 

Questo criterio di buona formazione è collegato al precedente. Una volta definito il risultato nel modo più specifico possibile, è necessario avere pronta anche una procedura di verifica basata sui sensi.

Nel caso lavoraste con un’altra persona le potreste chiedere: “Come saprai di aver realizzato il risultato desiderato?”, aspettandovi una risposta in termini di ciò che la persona vedrebbe, udrebbe, percepirebbe, gusterebbe o odorerebbe.

Questo grado di specificità è necessario perché le persone spesso impiegano procedure di verifica astratte: come per molte altre cose, a contare sono i dettagli.
Immaginare di avere già ottenuto il risultato può essere un modo utile di chiarire la procedura di verifica.

 

  1. BISOGNA CONSIDERARE IL CONTESTO

 

È anche essenziale considerare dove, quando e con chi si desidera il risultato. Riguarda la vita nella sua totalità o solo un suo aspetto? Un risultato che va bene in un contesto potrebbe non essere ottimale in un altro. Una persona potrebbe desiderare più sfide al lavoro, ma più tranquillità a casa.

 

  1. BISOGNA AVERE ACCESSO ALLE RISORSE NECESSARIE

Solitamente le persone nel passaggio dal loro “stato presente” a uno “stato desiderato” hanno bisogno di “risorse”. Queste possono essere interiori (abilità, conoscenze, comprensione, coraggio etc.) oppure esterne (denaro, contatti o equipaggiamento).

Se, per esempio, il risultato desiderato fosse quello di correre una maratona, che risorse ha la persona, cosa può già fare? Magari corre regolarmente 15 chilometri. Ha calzature di qualità che possono supportarla nella corsa. Ha un amico che vuole correre a sua volta, e con il quale allenarsi. E via dicendo. Che risorse le mancano?

Lo scopo di questo criterio è fare in modo che la persona valuti in modo realistico se ha già o può ottenere le risorse necessarie per realizzare il risultato.

 

  1. DEVE CONSERVARE EVENTUALI VANTAGGI  E BENEFICI  PREESISTENTI

 

Molte persone sono motivate e dedite a realizzare un risultato, eppure non ce la fanno o si arrendono. Spesso questo accade perché i comportamenti da cambiare prevedono anche dei benefici che andrebbero perduti se il risultato venisse raggiunto.

Le persone che bevono troppo caffè, ad esempio, o quelle che sono sempre in ritardo agli incontri, ricavano qualcosa di positivo da questi comportamenti, altrimenti cesserebbero di esibirli. Potrebbe essere l’energia della caffeina in un caso, e il desiderio di sfruttare al massimo il tempo nell’altro.
Ma non esistono risposte standard: i benefici secondari sono specifici per ogni singola persona e situazione.

A volte questi aspetti “positivi” di comportamenti “negativi” non sono ovvi, ma è essenziale tenerne conto perché il risultato desiderato possa realizzarsi. Una volta che si è presa coscienza di questi effetti secondari positivi, si può arrivare alla conclusione che non sono più validi.

 

  1. BISOGNA CONTROLLARE CHE SIA ECOLOGICAMENTE  SOSTENIBILE

 

Ciascun risultato che scegliamo e raggiungiamo, per quanto piccolo sia, creerà degli effetti che si riverseranno sul mondo che ci circonda e le persone che lo abitano.

Se siete un manager e profondete molta energia nel lavorare su un grosso progetto, avrete meno tempo da dedicare al vostro staff (e alla vostra famiglia e ai vostri amici). Potreste dover sospendere per qualche tempo i vostri interessi e i vostri hobby. Potreste non avere più tempo per andare in palestra, e la vostra salute e forma fisica potrebbero risentirne.

L’ecologia riguarda le conseguenze per il sistema nella sua interezza. E questa condizione di buona formazione richiede di pensare attentamente e profondamente ai vantaggi e agli svantaggi che derivano da qualsiasi azione prescelta.

Volete il risultato a qualsiasi costo? Magari volete essere più qualificati per migliorare le vostre prospettive di carriera. Siete pronti a trascorrere sei anni a studiare presso un’università a distanza e a investire migliaia di euro ogni anno per farlo? Il denaro è un fattore che pochi di noi possono ignorare quando si tratta di accertarsi che un risultato desiderato sia ben formato.

Alcuni risultati possono letteralmente cambiare il modo in cui pensiamo a noi stessi. Questo vi porta nella direzione desiderata? Vi avvicina o no a essere la persona che volete essere?

 

  1. BISOGNA DEFINIRE IL PRIMO PASSO DA COMPIERE

 

Trasformare un risultato desiderato in realtà richiede di agire. Come recita un antico proverbio, “anche il più lungo dei viaggi comincia con un singolo passo”.
Definire quel primo passo è la parte finale e importantissima del processo per avere un obiettivo ben formato. Se si salta questa fase, probabilmente non si procederà poi nemmeno a fare il resto.

Mi farebbe piacere se lasciaste una risposta a questa domanda, sarebbe già un buon punto d’inizio verso il raggiungimento del risultato/ obiettivo

Cosa farete precisamente, e quando lo farete?

 

COSA FANNO LE PERSONE CHE SONO FELICI PER ESSERE FELICI?

Normalmente pensiamo che l’obiettivo finale di tutti sia essere felici e amare la propria vita.

Ma quante persone davvero lo sono? Se mai incontrerai i pochi fortunati che amano sinceramente la vita che stanno vivendo, potresti chiedergli: “Cosa stai facendo in modo diverso dagli altri per stare così bene?”

Se questo pensiero ti è mai passato per la testa, ti diamo un piccolo elenco, in base alla nostra esperienza di coach, di cose che queste persone “fortunate” fanno per essere felici,  così da crearti spunti di riflessione per la tua vita.

1.Sono consapevoli  che la vita è breve.

Potrebbe sembrare un cliché, ma le persone che amano le loro vite sanno che ogni momento è un dono prezioso. Spesso hanno in mente la loro mortalità, non in modo ossessivo, ma in un modo che ricorda loro di vivere ogni giorno al massimo e di non dare per scontata una sola cosa.

2.Non chiedono l’attenzione degli altri.

Se sei felice e ami la vita che stai vivendo, non è necessario essere il centro costante dell’attenzione altrui. Le persone che amano le loro vite tendono ad essere sicure di sé e non hanno bisogno che tutti cadano ai loro piedi per sentirsi bene con se stessi.

3.Sono saggi nei  loro acquisti.

Le persone felici si rendono conto che essere impulsivi o troppo generosi in certi acquisti, creerà in loro conseguenze negative. Pensano prima di passare ai fatti, nel caso chiedono finanziamenti e si assicurano di non indebitarsi mai, perché ciò causerebbe uno stress non necessario.

4.Sono in contatto con i loro sentimenti.

Una cosa molto bella  della vita è amare le altre persone e sentire profondamente le nostre emozioni. Non possono garantire che le loro emozioni siano sempre buone, le persone che amano le loro vite si permettono di sentire ed esprimere emozioni, si rendono conto che i sentimenti fanno parte della vita e non li reprimono.

 5.Rivendicano il loro potere.

In altre parole, non permettono a nessuno di controllare il loro mondo. Per esempio: se qualcuno gli dice qualcosa di brutto , non gli lasciano spazio per rovinargli la vita. Cambiano ciò che possono, accettano ciò che non possono e lasciano che le emozioni negative li attraversino così da non lasciare che altre persone controllino il loro stato d’animo.

6.Consapevolmente agguerriti.

La vita non va mai come ci aspettiamo. Le persone felici lo sanno. Sanno che l’imprevisto può accadere, ma questo non gli impedisce di essere felici, semplicemente spostano le loro prospettive e trovano altre direzioni.

7.Sanno come controllare le loro azioni.

Alcune persone pensano che le azioni siano il risultato di qualche forza esterna. Quante volte hai sentito, “Mi ha fatto urlare perché ha detto qualcosa di stupido!” No. Nessuno ti fa gridare,tranne te. Sì, le persone possono farti arrabbiare, ma quello che fai con quella rabbia – e come lo incanali in un’azione – è un’altra storia. Le persone che amano le loro vite lo sanno.

8.Prendono la responsabilità delle proprie azioni.

Nessuno è perfetto. Come detto sopra, le persone felici sanno controllare le loro azioni. Tuttavia, a volte commettono errori. Se perdono temporaneamente il controllo e si comportano in un modo da  ferire qualcuno (o in modo non produttivo), si scusano. Dopo che si sono scusati, cambiano il loro comportamento.

9.Trasformano la loro passione in una carriera.

Probabilmente hai sentito la gente dire “Fai quello che ami e non lavorerai mai un giorno nella tua vita”. Molte persone sono d’accordo, ma non sanno come farlo accadere. Le persone che amano la vita sanno che c’è un modo per trasformare qualsiasi passione in un’opportunità economica.

10.Sanno di avere la capacità di controllare i loro pensieri.

Molte persone pensano che i loro pensieri siano senza controllo.Questo non è vero. In qualsiasi momento, hai la possibilità di scegliere un pensiero diverso., all’inizio potresti non crederci, ma più cambi il tuo pensiero in positivo più e più volte nella tua testa, più inizierai a viverlo davvero.

11.Si associano solo a persone positive che li rendono energeticamente forti.

Le persone felici non amano essere attorniati da persone negative. Si prosciugano e probabilmente preferiscono essere a casa a leggere un buon libro da soli rispetto a qualsiasi negatività. A nessuno piacciono i reclami, quindi le persone che amano le loro vite si circondano solo di altre persone positive.

12.A loro piace stare con le persone stare da soli.

Essere socievoli è divertente, ma anche essere soli ha i suoi benefici. Le persone che amano le loro vite sono in grado di incorporare entrambi nelle loro vite. Non necessariamente si appoggiano ad entrambi gli estremi; tendono ad avere equilibrio

 13.Sono fiduciosi nelle scelte che fanno.

Hanno la capacità di fare un passo indietro e analizzare logicamente le scelte che gli si presentano. Pensano prima di agire. Guardano le possibili conseguenze di ciascuna scelta. Una volta presa una decisione, ne sono fiduciosi. Anche se non risulta come previsto, possono cambiare le prospettive abbastanza facilmente e felicemente (vedi sopra).

14.Sanno come avere un’influenza positiva sugli altri.

Queste persone sanno che la loro vita è un esempio per il mondo. Sanno che altre persone li stanno guardando e cercano di essere da esempio. Vogliono solo diffondere felicità e gioia avendo un buon comportamento.

15.Amano se stessi.

Questo non è amore narcisistico (il narcisismo non è affatto amore per se stesso). Quello che vogliamo dire, concludendo,  è che a loro piace sinceramente chi sono. In altre parole, se fossero qualcun altro, probabilmente sarebbero amici con se stessi. Pensano di essere piuttosto fantastici.

Se non ami la tua vita, non perdere la speranza. Ci sono sempre dei cambiamenti che puoi fare per diventare più felice. Queste cose sono solo l’inizio per essere felici e amare la tua vita. Perché non provarne alcuni già da oggi?

 

Cos’è il nostro “dialogo interno”?

Cosa ti dice l’espressione, crea la tua realtà ?

 È una frase popolare e accattivante frequentemente usata nel Movimento del Potenziale Umano che si riferisce al modo in cui la nostra mente, attraverso l’attenzione e l’intenzione, struttura le nostre esperienze e percepisce la nostra realtà.

Il Dr. David Simon ( laureato in Medicina, è il direttore medico del Chopra Center for Well Being di La Jolla, in California) disse: “La realtà è un atto selettivo di attenzione e interpretazione”. Secondo questa visione, la nostra attenzione è ciò su cui focalizziamo la nostra intelligenza mentale, ma è durante l’interpretazione che l’intelletto analizza e trae significato. Questa interpretazione avviene sotto forma di dialogo interno .

Ma cos’è effettivamente il dialogo interno?

Il dialogo interno è la conversazione che il nostro ego sta avendo con se stesso. È la vocina sub-testuale che applica logica, ragionamento e credenze a situazioni, persone ed eventi.  In quanto tale, il dialogo interno svolge un ruolo vitale nel dare il significato alla nostra vita e alla realtà. Quando il nostro dialogo interno è oscuro, negativo e lugubre, vediamo un mondo filtrato attraverso certe qualità. Al contrario, quando abbiamo un dialogo interno positivo, edificante e ottimista, percepiamo la realtà in modo propositivo.

Per aiutarti a padroneggiare il tuo dialogo interiore e modellare la tua vita in uno stato mentale positivo di felicità e realizzazione posso consigliarti alcuni passaggi che ho sperimentato su me stessa, grazie anche a un libro illuminante “ Il quinto accordo “ di Don Ruiz , e che tutt’ora mi stanno dando soddisfacenti risultati.

Ho iniziato col far tacere quella vocina che tutto il giorno mi parla ( dialogo interno) e mi dirige sulle azioni da intraprendere o le cose da dire, in che modo? Trascorrendo del tempo in silenzio.

Non dico di arrivare alla Meditazione , anche se sarebbe molto utile per riavere serenità d’animo e fisica,  ma anche stando in silenzio per 15/20  minuti senza nessun disturbo, con gli occhi chiusi , sdraiati comodamente o seduti, ascoltando musiche rilassanti a basso volume, fa ritornare il silenzio dentro di noi e automaticamente si abbassano i livelli di stress , di cortisolo, di adrenalina e la vocina si quieta.

Generalmente abbiamo da 60.000 a 80.000 pensieri ogni giorno e la tranquillità del nostro ambiente mentale turbolento crea la tela bianca su cui dipingere una conversazione interna positiva. Quando la mente è ferma, diventa un campo fertile , ricettivo ai segnali che le diamo da quel momento in poi.

Secondo passaggio ho iniziato ad evitare i pensieri negativi. Non c’è dubbio che la negatività è diffusa nel nostro mondo moderno. Ovunque guardiamo, sembra che non ci sia fine. Questo, in parte, è dovuto al pregiudizio della negatività del nostro cervello – una tendenza comune è notare situazioni ed eventi negativi più facilmente di quelli positivi- Abbiamo ereditato questo artefatto neurologico dai nostri antichi antenati che, a causa della loro costante mentalità di sopravvivenza, dovevano sempre essere alla ricerca di pericoli o qualsiasi cosa che avrebbe messo a rischio la loro vita. Un bel tramonto o un buon pasto sono stati offuscati dalle esigenze di sicurezza e protezione. Portiamo ancora questa tendenza all’interno del nostro sistema nervoso e spesso inibisce la nostra capacità di vedere il bene nel mondo, anche quando è proprio di fronte a noi.

Pertanto, dobbiamo impegnarci ad allontanarci dalla negatività tutte le volte che possiamo. L’energia negativa può essere contagiosa e inquinare il dialogo interno con la paura, la rabbia. Cercare quindi di avere pensieri positivi è un grande aiuto per il nostro benessere mentale, ogni qualvolta ci viene in mente un fatto negativo, una persona negativa smettiamo di pensarci e spostiamo in nostro focus su qualcuno che ci vuole bene, che amiamo o su un fatto del quale siamo fieri, che ci riempie di gioia.

Terzo passaggio, credo il più importante per me, è non interpretare nulla di ciò che ti viene detto. Ho avuto dei problemi reali con il non prendere le cose che mi venivano dette in modo personale, cioè pensavo che il mio interlocutore mentre mi parlava di vari argomenti o di persone amiche, si riferisse in qualche modo anche a me e proprio qualche mese fa  ho superato l’ennesima sfida che mi si era presentata.

Questa tendenza a interpretare e supporre il pensiero altrui deriva dal fatto che noi crediamo di essere la verità. Facciamo supposizioni su ciò che gli altri stanno dicendo, le prendiamo sul personale ferendoci da soli e ponendoci quindi in un atteggiamento negativo nei confronti di chi parla.

Questo molto spesso capita per la paura di chiedere chiarimenti, così immaginiamo ciò che vuole dire e, pensando di avere ragione, difendiamo  le nostre idee cercando di rendere sbagliato qualcun altro.È sempre meglio fare domande che fare un’ipotesi.

Il giorno in cui smetterai di fare supposizioni con chi ti rapporti giornalmente ti stupirai di come il tuo stato interiore e il tuo dialogo interno cambieranno in meglio , anche il tuo modo di comunicare cambierà completamente e le tue relazioni non risentiranno più di conflitti creati da supposizioni sbagliate. Provaci è davvero importante!

Quarto passaggio ho cercato di avere un comportamento e un linguaggio impeccabile sempre più spesso, compito non facile anche questo perché nessuno di noi è perfetto. La parola e il comportamento sono naturali affioramenti del dialogo interiore.  Pertanto, quando scegli consapevolmente di praticare un linguaggio e un comportamento impeccabili, il tuo dialogo interno diventerà automaticamente più positivo e raffinato. Possiamo continuamente aspirare a portare dentro di noi lo spirito di impeccabilità.

Quinto passaggio ho imparato ad essere grata. La gratitudine è un potente stato mentale che provoca una trasformazione palpabile nel nostro panorama interiore. Ho spostato l’attenzione su quelle cose di cui posso essere grata, questo mi ha permesso di uscire dallo stato negativo.

Semplicemente ripetendo la frase, sono così grata per _____ , creiamo uno slancio positivo nel nostro dialogo interno. Concentrarsi su ciò che è buono o edificante nella tua vita ti condiziona anche a stare vigile nel cercare sempre più le stesse esperienze gratificanti nella tua vita – o come dice il proverbio, dove l’attenzione va, l’energia scorre -.

In ultimo , ma non per ultimo di importanza, ho capito quanto è determinante diventare scettica su ciò che sento e di essere altrettanto attenta a ciò che mi sta raccontando.

Vi è mai capitato di parlare con qualcuno e di pensare ai fatti vostri? Oppure di ascoltare prendendo per buono qualsiasi cosa stia dicendo, magari perché ci fidiamo della persona in questione oppure perché siamo stanchi e non vogliamo impegnarci in un dispendio ulteriore di energie mettendo in discussione ciò che stiamo sentendo?  A me si , anni fa quasi sempre, adesso quasi mai !

Quando impari ad ascoltare, sai esattamente cosa vogliono gli altri: una volta che sai quello che vogliono, quello che fai con quell’informazione dipende da te, puoi reagire o non reagire, puoi essere d’accordo o in disaccordo con quello che dicono, e questo dipende da quello che vuoi. Ho iniziato a usare il potere del dubbio per esaminare tutto ciò che sento. E’ davvero la realtà ?

Ascolta le intenzioni dietro le parole e comprenderai il vero messaggio.

Cambiando le tue abitudini e impostando, almeno inizialmente, qualcuno di questi passaggi sono sicura che otterrai dei miglioramenti di vita da subito. Non sono facili da applicare, lo so e se vorrai chiedermi supporto, sarò lieta di spiegarti meglio.

Oggi hai qualche strumento in più che ti permetterà di stare meglio. Dipende da te usarli oppure restare nella tuo solito stato .

Ora tocca solo a te.

La famosa “pausa di riflessione”, può aiutare a riunire la coppia?

Ci sono tre ragioni principali per cui le coppie si separano, la prima è per anticipare il divorzio, la seconda è per ottenere una nuova prospettiva sul matrimonio , e quella secondo me è la più importante e che vi deve far riflettere, la terza  per migliorare il matrimonio .

Sono un grande sostenitrice del valore funzionale di una piccola pausa di riflessione per rafforzare il matrimonio, una relazione che barcolla, una relazione che deve maturare,  se è fatta nel modo giusto per le giuste ragioni e se ci sono accordi chiari fin dall’inizio, un piccolo allontanamento per un breve periodo può aiutare.

Questa separazione può essere fatta in qualsiasi momento e, in effetti, viene fatta sempre da più coppie anche se ancora viene percepita dalla maggior parte della gente, come una cosa “sbagliata”.

Nella nostra cultura, la separazione, è vissuta come  la rottura definitiva della coppia. Si provano inizialmente e si cercano tante soluzioni, interventi e tattiche per riportare il matrimonio in carreggiata ma quando non c’è più nulla da fare, o almeno si crede non ci sia, ci si separa ma in definitiva si divorzia.

Piuttosto che un fine, tuttavia, la separazione può essere uno strumento utile per  stare insieme; sembra un controsenso, lo so, quando un matrimonio è nei guai e le relazioni sono fragili, la maggior parte delle persone, io per prima, pensava fosse meglio cercare di stare vicini al proprio partner.

Il pensiero di creare distanza in un momento del genere infatti, infonde molta paura di perdere il controllo del coniuge e della propria relazione. Questo si verifica maggiormente se il legame tra i due è stato indebolito da una fiducia tradita. Ma utilizzato con cura e abilità (e con qualche tipo di supporto professionale), la separazione temporanea può essere molto efficace per riavvicinare due persone.

Voglio darti allora qualche linea guida per una separazione temporanea efficace per riunire la coppia successivamente.

  1. Cerca un supporto di un professionista esterno a voi.  Alcune coppie possono farlo anche da sole, consiglio però vivamente di cercare qualche tipo di supporto per facilitare questo processo. Può essere complicato farlo da soli, specialmente se questo viene fatto mentre ci sono attualmente tensioni o problemi tra i coniugi. Questo può essere un life coach, un consulente di coppia, un terapeuta.
  2. Imposta aspettative chiare e ragionevoli.  Le regole di base sono indispensabili per mantenere un senso di fiducia tra le parti. Se una persona si aspetta di comunicare ogni giorno, ma l’altra no, ciò potrebbe causare sensazioni offensive. Sapere cosa aspettarsi evita questo tipo di situazione.
  3. Scopri il tuo obiettivo e chiedi quello del tuo partner.  Non dare per scontato che entrambi abbiate lo stesso obiettivo, avete davvero bisogno di essere d’accordo sul fatto che la vostra intenzione di vivere separati temporaneamente sia quella di migliorare il vostro rapporto/matrimonio. Ancora una volta, se uno dei coniugi pensa che la separazione sia un passo verso il processo di divorzio, ma l’altro pensa che sia un temporaneo “time-out”, ciò può causare una profonda spaccatura nella fiducia tra i due. Avere lo stesso obiettivo in questo esercizio è particolarmente importante per renderlo un esercizio di successo.
  4. Mantenere una comunicazione regolare.  Non avere alcun contatto per un lungo periodo di tempo può effettivamente iniziare a  danneggiare la connessione coniugale. Invece che una soluzione di “Assenza temporanea che fa sentire la mancanza”, se non vi sentirete per un tempo troppo prolungato potrebbe finire per diventare “Lontano dagli occhi, lontano dalla mente e dal cuore”.

La durata media di una separazione temporanea di rinnovamento è di circa sei mesi.

Per chi NON è adatta una separazione temporanea?

Ci sono alcune persone per le quali questo strumento non funzionerà. È fondamentale che ogni coniuge sia onesto con se stesso e onesto l’uno con l’altro sul motivo per cui sta facendo questo esercizio: se tu o il tuo coniuge state cercando di semplificare il processo di separazione per sentirvi meno in colpa e più leggeri, questo NON è lo strumento da utilizzare. Se non  intendi  stare con il tuo partner, la   cosa peggiore che puoi fare è  fingere  di essere interessato a lavorare con lui per tornare insieme.

Se sei confuso sull’opportunità o meno di rimanere nel matrimonio o nella relazione, è importante dirlo in anticipo. È molto più difficile per il coniuge che desidera restare insieme, sopportare la menzogna che appena la separazione terminerà torneranno insieme impegnati nella loro relazione, per poi invece scoprire in seguito che l’altro voleva andarsene da sempre.

Coloro che hanno avuto ripetute violazioni di fiducia o coloro che hanno difficoltà a credere, non dovrebbero provare una separazione temporanea di questo tipo. Questo esercizio richiede molta maturità e può sollevare più ansia di quanto valga per coloro che sono disonesti o insicuri.

Ovviamente pausa di riflessione può essere adattata in modo specifico alle tue esigenze e alla tua situazione e può essere implementata o annullata in qualsiasi momento. L’importante è il dialogo col partner e l’onestà.

Se hai bisogno di aiuto contattami senza impegno, ne parleremo per capire cosa è meglio fare per farti stare bene.

Come “sopravvivere” alle festività dopo la separazione

Ammettiamolo, alcune vacanze saranno terribili. Ma ci sono alcuni trucchi che renderanno il Natale sopportabile, indipendentemente dalla tua situazione.

Se celebrare la nascita del bambino Gesù è il tuo senso della festa, allora il primo Natale dopo che la tua famiglia si separa rischia di essere maledettamente orribile. Che tu sia un amante gentile di orpelli o un antagonista del Natale, il primo che passerai da solo è divertente quanto una sbornia da tequila. Se sei fortunato, lo supererai senza far cadere la testa nel bagno. E come una sbornia, non c’è davvero modo di sfuggire al dolore.

Nel corso degli anni ho visto molte persone cercare di evitare il dolore di un Natale appena spezzato, e quando finalmente è arrivato il mio turno, ho fatto i miei sciocchi tentativi di scappare dai fantasmi dei tempi passati.

Ho provato il Natale in fuga, tornando verso la mia famiglia d’origine solo per scoprire che, naturalmente, mancava ancora qualcuno, e quindi ero ancora triste. Ho provato il Natale “che non c’è”, e ho trascorso una misera giornata lavorando duramente, immaginando che il Natale non ci fosse in tutto il mondo, per poi finire sul divano con una tazza di tè caldo, in lacrime mentre guardavo Il Piccolo Lord.

Mi ci è voluto un po ‘per arrivare a trovare la consapevolezza che mi ha permesso di “Riamare” il natale come giusto che sia e farmi vivere con una gioia immensa le festività anche da separata, con il nuovo programma di vacanze.

Quindi, nella speranza di salvarti anni di miseria festiva, ho compilato una piccola lista di idee per aiutarti a navigare il periodo senza sofferenze inutili. Perché se riesci ad affrontare le vacanze a testa alta, hai la possibilità di creare qualcosa di adorabile dal relitto della tua vita precedente.

  1. Pensa a cosa è andato

Questa è la parte più difficile. Se puoi occuparti di risolvere questo delicato inghippo, hai la chiave per fare pace con questo periodo. Cerca di affrontare le cose che non succederanno mai più.

Alcune persone si siedono a festeggiare dopo che i conti bancari sono stati divisi, ma forse non è il vostro caso, quindi fai un favore a te stesso e cerca di non litigare con gli dei della separazione e accetta che la tua famiglia, come la conoscevi, e molte delle cose che hai condiviso, non saranno mai più così.

Come in una partita di carte, se cerchi di giocare quella mano che pensi che avresti dovuto avere piuttosto che le carte che hai in mano, ti garantirai solo anni di miserabili momenti natalizi.

Questa è vita. Le cose brutte accadono, le cose si rompono, si rovinano e poi raccogli le piccole cose ininterrotte e lasci andare il resto. Quindi ricostruisci, se non puoi accettare ciò che è andato, non puoi costruire una nuova vita. È semplice.

  1. Salva solo cose che ami di più

In ogni festa ci sono le cose che suonano davvero i tuoi rintocchi e le cose invece che delle quali puoi vivere senza. Ci sono un sacco di sciocchezze per le vacanze che non mi mancano per nulla,  ma alcune che sono assolutamente essenziali. I tortelli di zucca con gli amaretti che la mia nonna era solita fare, una storia natalizia su un gufo e alcune talpe che vogliono un telescopio da Babbo Natale per vedere le stelle, e le tombolate coi parenti dopo aver finito il pranzo sono assolutamente inseparabili dal Natale per me.

Qualunque pensi sia la forma che prenderà quel giorno per te quest’anno, assicurati di rimanere aggrappato alle parti cruciali e importanti del giorno, che ti fanno sentire come se la celebrazione fosse effettivamente tua.

  1. Non avere paura di costruire qualcosa di nuovo

Il Natale potrebbe essere attualmente a pezzi, lo so, ma cerca di vederlo come un agente immobiliare vede una casa in rovina cioè come un’opportunità di rinnovamento. Sia che tu passerai la giornata con il gatto, con i tuoi figli e senza soldi, in un rifugio o sul divano della tua zia, non perderti, esiste sempre qualche  opportunità  per costruire qualcosa di nuovo e che sia significativo per te.

Vorrei non aver trascorso un miserabile giorno di Natale sul divano piangendo e guadando il Piccolo Lord. Avrei voluto essere abbastanza coraggiosa da fare un viaggio, guardare via Skype mia sorella o fare un salto a casa di amici veri. Quando hai troppa paura di costruire una cosa nuova, tutto ciò che ti rimane è il casino che la vecchia cosa ha lasciato.

  1. Avere nuove consapevolezze ti aiuta

Quando alla fine ho smesso di scappare dal dolore del Natale da separata, le cose hanno cominciato a girare decisamente meglio. I miei nuovi “ compagni”, i miei figli ed io ci siamo seduti insieme a guardare il Piccolo Lord, e quella volta mi è piaciuto tantissimo e non ho pianto, abbiamo mangiato i tortelli della nonna ed erano squisiti e ala fine abbiamo giocato a tombola per ore ridendo, scherzando e apprezzando il bello dello stare tutti insieme.  Ad un certo punto della giornata, ognuno di noi ha detto un pensiero su cosa e chi gli mancava, e ci siamo confortati l’un l’altro con serenità. Nessuno fingeva che la nostra famiglia fosse perfetta ed è stata una bella giornata.

Trascorrere il tuo Natale cercando di non essere triste, desiderando che tutto sia normale come prima è come trattenere il respiro e sperare di rimanere in vita. Semplicemente non funzionerà. Non puoi sfuggire al dolore della rottura o del “lavoro” di ricostruzione della tua vita, devi solo sopportarlo ed accettarlo. Questa è la verità che ti aiuterà a stare meglio.

Non puoi passarci sopra; devi metterti in moto e riprogettare la tua vita e sappi che quello che otterrai è un’altra meravigliosa opportunità per godere di cose molto più appaganti di quello che avevi prima. Non lasciarti andare.

                                                                                        Buon Natale 

 

Sei dipendente dall ‘infelicità ?

C’è una certa familiarità con l’essere insoddisfatti?

Una costante di base del comportamento umano è che le persone perseguono il piacere e cercano di evitare il dolore. Allora perché alcune persone sembrano contente di crogiolarsi nella loro infelicità, vantandosi persino di una specie di distintivo d’onore?Anche quando gli vengono dati consigli per migliorare la propria vita, preferiscono continuare a lamentarsi. C’è una certa familiarità con l’essere insoddisfatti che diventa un ostacolo al cambiamento? Dopo aver avuto un assaggio di gioia, perché alcune persone tornano immediatamente a ciò che non funziona?

Ci sono una serie di possibili spiegazioni per questa ” dipendenza ” dall’infelicità:

  • L’insicurezza radicata o la mancanza di autostima possono far sì che alcune persone non sentano di meritare la felicità .
  • Le persone che sono cresciute con uno stile genitoriale caratterizzato da eccessiva disciplina e aspettative non realistiche possono aver imparato a equiparare l’infelicità con l’amore e il successo.
  • Le lotte della vita con il trauma o altre esperienze negative possono alimentare un desiderio inconscio di ritornare continuamente allo status quo dell’infelicità.
  • Alcune persone si vantano di essere realisti, credendo che essere pratici significhi anche focalizzarsi solo sul negativo.
  • A causa di decisioni o esperienze nel loro passato, alcune persone sono consumate dalla colpa o dal rimpianto che non riescono a  superarlo. Così scelgono di punire se stessi e gli altri.
  • Alcune persone hanno paura di provare gioia perché i sentimenti positivi potrebbero essere un “anticipo” per la delusione.(cherofobici)
  • La prospettiva della felicità colpisce la paura dell’ignoto per coloro che non hanno mai provato altro che infelicità.
  • L’insoddisfazione diventa una motivazione per lavorare di più, cambiare lavoro, mangiare più sano, passare più tempo con amici e parenti o prevenire comportamenti o situazioni indesiderate.
  • Alcune persone lo rendono una missione personale per affrontare i problemi del mondo come propri. Per quanto nobili sotto certi aspetti, questi individui non possono permettersi di provare felicità quando, per esempio, le persone stanno morendo di fame o il riscaldamento globale sta danneggiando il pianeta.

Poi c’è la teoria secondo la quale le persone amano i sentimenti negativi. Uno studio di Eduardo Andrade e Joel Cohen, che ha analizzato perché le persone amano i film dell’orrore, ha concluso che alcuni spettatori sono felici di essere infelici. I ricercatori hanno scoperto che le persone provano emozioni sia negative che positive allo stesso tempo, il che significa che non solo godono del sollievo che provano quando la minaccia viene rimossa, ma amano anche essere spaventatiQuesta stessa teoria, sostenevano, potrebbe aiutare a spiegare perché gli umani sono attratti dagli sport estremi e da altre attività rischiose che suscitano terrore o disgusto per altri.

Come fai a sapere se sei una di queste persone che vive in uno stato perenne di infelicità? Le persone che sono dipendenti dall’infelicità tendono a:

  • Trovare le ragioni per essere infelice quando la vita diventa “troppo positiva”.
  • Interpretare il ruolo della vittima e incolpare gli altri piuttosto che assumersi la responsabilità personale delle loro scelte.
  • Competere con amici e colleghi per vedere chi ha il più problemi
  • Avere difficoltà a stabilire e raggiungere obiettivi o, al contrario, raggiungere obiettivi solo per scoprire che non possono godere del loro successo.
  • Distrarsi,sfuggire o far fronte ai guai usando droghe,  alcol,  sesso,  cibo o altri comportamenti di dipendenza o compulsivi .
  • Smettere di prendersi cura dei loro bisogni di base, come una dieta sana , un regolare esercizio fisico e un sonno adeguato
  • Sentirsi schiavi delle loro emozioni e impotenti nel cambiamento
  • Sentirsi insoddisfatti anche quando la vita sta andando bene.
  • Avere drammatiche e  insoddisfacenti relazioni .

La felicità è dunque una scelta?

Si dice spesso che “la felicità è una scelta”. Ma allora perché non ci sono più persone felici?

Nella mia esperienza, la felicità è complicata. Alcune persone trovano la felicità anche in situazioni che potrebbero sfidare la persona più ottimista ; alcuni sono infelici nonostante abbiano tutto.

Per alcuni, la felicità è fugace e dipende dalle circostanze attuali, mentre altri sembrano essere generalmente felici o generalmente infelici indipendentemente da ciò che sta accadendo nelle loro vite. Poi c’è il problema di come definire la felicità – con successo esteriore, soddisfazione interiore o qualcos’altro?

In molti casi, può essere vero che la felicità è una scelta. In una certa misura, scegliamo i nostri pensieri e le nostre reazioni, che influiscono sul modo in cui ci sentiamo, e possiamo migliorare il nostro quoziente di felicità adottando misure per cambiare il nostro pensiero (ad esempio, tenere un diario di gratitudine , stare attenti al momento presente, accettare ciò che è o sviluppare meccanismi di pensiero più sani).

Possiamo vedere le nostre emozioni come un segnale che alcuni aspetti della vita devono cambiare e agire per tornare a uno stato mentale migliore.

Ma per circa il 20% degli adulti italiani, i disturbi mentali come la depressione o l’ ansia possono significare che la felicità è sempre fuori dalla porta. Non scelgono di essere depressi o ansiosi, semplicemente non conoscono un altro modo di essere.

Mentre scegliere di essere felici, in questi casi, è più complicato che fare la scelta di pensare positivamente, c’è una scelta importante che può essere fatta: la decisione di ottenere un aiuto, come il percorso di life coaching.

Il programma è un corso appositamente progettato per aiutare gli adolescenti e gli adulti a prevenire la depressione, allenando a “ripensare” i loro sintomi e “respingere” le cognizioni negative. Il percorso di coaching  è stato utilizzato con successo per curare problemi di rabbia e ansia. Insegnare ad adolescenti e adulti a prendere coscienza della relazione tra pensieri, comportamenti ed emozioni può cambiare la vita ed è spesso citato come uno dei più utili interventi usati.

La sfortunata realtà è che la maggior parte delle persone cronicamente infelici si rifiutano di ottenere aiuto. Quasi la metà di quelli con disagio mentale non cerca mai un trattamento. Che si tratti di paura, conforto, mancanza di consapevolezza o qualcos’altro, non possiamo esserne certi. Quello che sappiamo è che l’infelicità non deve essere terminale. Con la consulenza e il trattamento, c’è speranza che la felicità diventi la nuova norma di vita per tutti.

 

Cherofobia, cos’è ?

La cherofobia è una fobia in cui una persona ha un’avversione irrazionale all’essere felice. Il termine deriva dalla parola greca “chero”, che significa “rallegrarsi”.

Quando una persona sperimenta la cherofobia, ha spesso paura di partecipare ad attività che molti considerano divertenti o semplicemente quello che la maggior parte delle persone cerca di essere: felice.  E’ un termine poco usato e non riconosciuto dalla psichiatria. Infatti, non compare nel Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, il principale manuale per la classificazione delle patologie mentali. Secondo Healthline invece, diversi esperti medici classificherebbero la cherofobia come un vero e proprio disturbo d’ansia.

Il cherofobico non per forza dimostra una tristezza evidente, evita solo situazioni che lo possono rendere felice. Rifugge inviti a feste probabilmente divertenti, evita cambiamenti di vita che potrebbero essere positivi, tutto ciò per il timore infondato che subito dopo possa giungere un periodo estremamente negativo. Spesso, chi soffre di questo disturbo, è anche convinto che una persona felice debba per forza essere un soggetto negativo, perché dimostrare di essere estremamente contento può essere brutto per se stessi e per i propri cari. Il perseguire la felicità è anche identificato come una totale perdita di tempo.

La psichiatra Carrie Barron ha spiegato questa patologia rimandando alla vita infantile del soggetto, nella quale un momento di felicità potrebbe essere stato seguito da una punizione. Magari un evento traumatico del passato.

L’individuo cherofobico è portato a provare un senso di ansia di fronte a ogni possibile cambiamento positivo. Tanto da indurlo a evitarlo, non modificando la propria situazione. Anche l’introverso potrebbe sviluppare questa patologia, perché portato a isolarsi, a non coinvolgersi in attività ricreative di gruppo, o a evitare luoghi particolarmente affollati e rumorosi. Non essendo considerato un vero disturbo psichiatrico, la cherofobia non ha terapie scientifiche che possano risolvere il problema.

Una respirazione profonda, rilassante, potrebbe aiutare la persona a controllare la propria ansia, così come costringersi a partecipare a eventi positivi, per potersi rendere conto che non vi è alcun pericolo. A volte chi soffre di questo disturbo non desidera affatto guarire, perché vede questo stato come una sorta di protezione dal mondo esterno e dalla sofferenza che esso può generare. Tuttavia, ci sono alcuni esperti di salute mentale che discutono di questa fobia e dei suoi potenziali trattamenti.

Quali sono i sintomi della cherofobia?

Alcuni esperti medici classificano la cherofobia come una forma di disturbo d’ansia. L’ansia è un senso di paura irrazionale legato alla minaccia percepita. Nel caso della cherofobia, l’ansia è legata alla partecipazione ad attività che sarebbero pensate per renderti felice.

La cherofobia non rende necessariamente una persona triste, ma piuttosto gli evita attività che potrebbero portare alla felicità o alla gioia.

Esempi di sintomi associati alla cherofobia potrebbero includere:

  • provare ansia al pensiero di andare ad un gioioso incontro sociale, come una festa, un concerto o un altro evento simile
  • rifiutare le opportunità che potrebbero portare a cambiamenti di vita positivi a causa del timore che qualcosa di brutto seguirà
  • rifiuto di partecipare ad attività che la maggior parte chiamerebbe divertimento

Alcuni dei pensieri chiave che una persona che sperimenta la cherofobia ha includono:

  • Essere felici significherà che mi succederà qualcosa di brutto.
  • La felicità ti rende una persona cattiva o peggiore.
  • Dimostrare che sei felice fa male a te o ai tuoi amici e familiari.
  • Cercare di essere felici è uno spreco di tempo e fatica.

In un articolo del Journal of Cross-Cultural Psychology, gli autori hanno creato una scala Fear of Happiness. Creato per confrontare la paura della felicità in 14 culture, la scala può anche aiutare una persona a valutare se ha sintomi di cherofobia.

Alcune dichiarazioni includono:

  • Preferisco non essere troppo gioioso, perché solitamente la gioia è seguita dalla tristezza.
  • I disastri spesso seguono la fortuna.
  • La gioia eccessiva ha alcune conseguenze negative.

Valutando queste affermazioni su una scala da 1 a 10 quanto sei d’accordo? Potrebbe essere in grado di mostrare che hai paura o un’ errata percezione della felicità.

Quali sono le cause della cherofobia?

A volte la cherofobia può derivare dalla convinzione che se succede qualcosa di molto buono ad una persona, o se la sua vita sta andando bene, un evento negativo è destinato ad accadere poco dopo, di conseguenza evitano attività legate alla felicità Questo è spesso il caso in cui qualcuno ha vissuto un evento traumatico fisico o emotivo nel suo passato.

Un introverso può essere più propenso a vivere la cherofobia. Un introverso è una persona che in genere preferisce fare attività da solo o con una o due persone alla volta. Sono spesso visti come riflessivi e riservati, possono sentirsi intimiditi o a disagio in contesti di gruppo, luoghi rumorosi e luoghi con molte persone. I perfezionisti sono un altro tipo di personalità che può essere associato alla cherofobia.

Quali sono i trattamenti per la cherofobia?

Poiché la cherofobia non è stata studiata come un disturbo separato, non ci sono farmaci approvati dalla FDA o altri trattamenti definitivi che una persona può perseguire per trattare la condizione.

Tuttavia, alcuni trattamenti suggeriti includono:

  • terapia cognitivo comportamentale (CBT), una terapia che aiuta una persona a riconoscere linee di pensiero errate e identificare comportamenti che possono aiutarli a cambiare
  • strategie di rilassamento, come la respirazione profonda, l’inserimento nel diario o l’esercizio
  • Coaching
  • l’esposizione a eventi che provocano la felicità come mezzo per aiutare una persona a identificare che la felicità non deve avere effetti negativi

Non tutti hanno una certa avversione per la felicità, hanno bisogno solo di cure. Alcune persone si sentono più felici e sicure quando evitano la felicità.

A meno che la cherofobia non interferisca con la propria qualità di vita personale o la capacità di mantenere un posto di lavoro, potrebbero non richiedere alcun trattamento. Tuttavia, se i sintomi della cherofobia sono correlati a un trauma passato, il trattamento di una condizione di base può aiutare.

Qual è la prospettiva sulla cherofobia?

La Cherofobia viene spesso quando le persone cercano di proteggersi da un passato conflitto, tragedia o trauma. Se la cherofobia influisce sulla qualità della vita, spesso può essere utile cercare un trattamento con professionista.

Anche se può richiedere del tempo per cambiare il modo in cui pensi, con un trattamento continuato, potresti essere in grado di superare le tue paure.

 

 PhD, CRNP  28 giugno 2017  Rachel Nall,

 

Cos’è la Felicità?

Forse il miglior modo per iniziare a definire la felicità è definire ciò che non è. Molte persone credono che la felicità sia  divertirsi a una festa, l’eccitazione di nuove esperienze, il brivido e la passione del sesso, o le delizie di un buon pasto. Queste sono tutte esperienze meravigliose da coltivare e vivere ma non sono felicità.

Queste esperienze sono la definizione di piacere. Sono esperienze da avere e lasciare passare. Un pasto da assaporare, quindi digerire, una festa da godersi poi lasciarsi andare, la passione di godere e il caldo bagliore di soffermarsi. Il piacere è fugace e così dev’essere, perché se facciamo queste esperienze gioiose tutto il tempo, il nostro cervello si adatta e trasforma il piacere in routine . Quando ciò accade, ci vuole ancora di più per farci sentire di nuovo bene. Inseguire il piacere non è felicità.

Quindi, se la felicità non è la stessa cosa del piacere, allora cos’è ?

Alcuni tra i più importanti ricercatori in questo campo (Seligman, Lyubomirsky e Diener ) hanno elaborato una propria formula della felicità, che può essere così espressa: F = P + C + A dove F è la felicità, P è il punto determinato neurologicamente, C rappresenta le condizioni di vita e A sono le attività volontarie (Chopra 1994).

Notevole importanza assumono le attività volontarie (variabile A della formula), cioè che cosa si sceglie di fare giorno per giorno, che sembrano pesare per il cinquanta per cento sulla felicità totale di un individuo. Le variabili volontarie possono generare un cambiamento  costante e definitivo nei livelli di felicità e benessere perché dipendono, appunto, dalla propria volontà.

Quante volte hai detto: “Voglio solo essere felice”?

Quante volte hai detto a qualcun altro: “Voglio solo che tu sia felice”?

Ti sei mai fermato a considerare esattamente cosa significa felicità? Che cosa, esattamente, è questa felicità che desideri?

E’ molto importante perché è difficile che i tuoi desideri di felicità si avverino se non sei chiaro esattamente su cosa sia la felicità per te. Quali sono le scelte che ci rendono felici allora?

Secondo gli studiosi, rendere felice il prossimo è la scorciatoia per diventare felici. Anche dedicarsi all’espressione creativa, genera risultati positivi le cui conseguenze durano una vita intera. Le passioni, come la lettura di un buon libro, lo sport, un hobby, e in generale tutte quelle attività che ci impegnano in un compito, che implicano una sfida con noi stessi e che comportano una crescita psicologica, ci permettono di raggiungere uno stato accresciuto e permanente di benessere.

La felicità, infatti, ha una dimensione emotiva che difficilmente può essere compresa attraverso un pensiero logico-razionale.

Quindi ti propongo un breve e facile esercizio che ti aiuterà a connetterti con  la tua personale visione della felicità. Esercizio di “brainstorming di parole”, sfrutta il potere associativo della mente. Munisciti di una penna e di un foglio bianco; al centro del foglio, scrivi la parola: felicità.

Poi, intorno alla parola “felicità”, scrivi di getto tutte le parole che associ istintivamente alla parola “felicità”; vai a ruota libera, senza riflettere, e senza domandarti se ciò che scrivi abbia un senso oppure no, non ti censurare. Scrivi tutte le parole che ti vengono in mente, per circa un minuto. Probabilmente ti sarai accorto che le parole che hai scritto hanno a che fare con la tua idea di felicità, con qualcosa che associ alla tua felicità, o che pensi possa renderti felice.

Per quanto tutte le persone cerchino la felicità, non esiste una sola persona al mondo che scriverebbe le stesse parole che hai scritto tu. Tutte le persone vogliono essere felici, ma ognuno ha un’idea diversa di che cosa sia la felicità e di che cosa possa renderlo felice.

Se considerassimo la felicità come i frutti di un albero, potremmo osservare che ognuno identifica la propria felicità con un albero diverso: c’è chi preferisce il gusto asprigno di un pompelmo, chi quello dolce del caco. I rami rappresentano le azioni e i comportamenti che mettiamo in atto: i frutti non maturano per caso, sono il risultato di scelte e azioni mirate. Il tronco rappresenta la forza interiore, il coraggio, l’abilità di resistere alle difficoltà della vita. Le radici sono i nostri valori e le nostre convinzioni più profonde: ciò cui diamo importanza e significato. Un primo passaggio può essere quello di capire qual è il proprio “albero della felicità”. Quali sono i frutti della felicità che ricerchiamo? Ognuno ha un modo diverso di farlo.

Io credo che la felicità esista quando la tua vita soddisfa i tuoi bisogni

In altre parole, la felicità arriva quando ti senti soddisfatto. La felicità è una sensazione di contentezza, che la vita è proprio come dovrebbe essere. La felicità perfetta, l’illuminazione, arriva quando hai soddisfatto tutti i tuoi bisogni. Mentre la felicità  perfetta può essere difficile da raggiungere, e anche più difficile da mantenere, la felicità non è un caso o un avvenimento.

Ci sono quasi illimitati gradi di felicità tra la beatitudine  e la disperazione della depressione. La maggior parte di noi cade da qualche parte, più vicino al centro rispetto ai bordi.

Poiché ho detto che, secondo me, la felicità è quando la tua vita soddisfa i tuoi bisogni, la prossima domanda logica è: “Quali sono i miei bisogni?”

Nel corso dei millenni molti hanno offerto risposte a questa domanda e quasi tutti sono tornati con risposte troppo semplici a quello che è, al suo interno, un problema complesso. Permettimi di farti una domanda. Diresti che tu, come tutti gli esseri umani, sei complicato da capire? Certo che si, lo siamo tutti. Se lo non fossimo la vita potrebbe essere molto più semplice ma anche molto meno ricca. Questa complessità significa che non ci sono risposte semplici, a misura unica, a ciò che ci rende felici.

Le nostre esigenze individuali variano in base alla nostra genetica, al modo in cui siamo cresciuti e alle nostre esperienze di vita. Questa combinazione complessa è ciò che rende ognuno di noi unico, sia nei nostri esatti bisogni, sia in ogni altro aspetto di ciò che ci rende la persona che siamo. Ognuno di noi può essere complesso, ma siamo tutti umani e questo fornisce le basi su cui possiamo scoprire i nostri bisogni essenziali.  Condividiamo tutti bisogni primari comuni all’interno, dove differiamo è esattamente in quanto fortemente desideriamo ciascuno di questi bisogni. La nostra teoria attuale, basata in gran parte su nuove scoperte scientifiche su come funziona il cervello e sulle attuali teorie della felicità, ha identificato 9 bisogni umani universali e sovrapposti:

  • Benessere : connessioni mente-corpo, aspetti del tuo corpo fisico che influenzano il tuo umore e viceversa
  • Ambiente : fattori esterni come sicurezza, disponibilità di cibo, libertà, clima, bellezza e casa
  • Piacere: esperienze temporanee come gioia, sesso, amore e alimentazione
  • Relazioni: come specie sociale, le relazioni sono alla base di ciò che significa essere umani
  • Scoperta: come ti avvicini al mondo, attraverso avventure, curiosità e piani
  • Significato: avere uno scopo e la saggezza per capirlo
  • Coinvolgimento: per essere felici devi essere coinvolto e coinvolto attivamente
  • Successo: conferma da te stesso e dagli altri che ciò che fai ha un valore
  • Elasticità: come ti riprendi dagli inevitabili eventi negativi della vita

Queste 9 categorie coprono la gamma dei bisogni umani in un modo molto generale e si sovrappongono intenzionalmente, proprio come i nostri pensieri e sentimenti si sovrappongono nella nostra mente. Ad esempio, il brivido di una corsa sulle montagne russe è un mix di: paura (elasticità), gioia (piacere), avventura (prospettiva), esperienza condivisa (relazioni), sicurezza (ambiente), adrenalina (benessere), il coraggio guidare (coinvolgimento) e la ricompensa di averlo fatto (successo).

Tutti questi sono vissuti in un evento, molti nello stesso momento nel tempo. È importante ricostruire la propria esperienza interna di felicità, perché la nostra felicità dipende anche dai criteri che utilizziamo, cioè dal nostro modo di sentirla. E i criteri sono modificabili, e normalmente si modificano più volte nel corso della vita.

La felicità è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri. L’etimologia fa derivare felicità da: felicitas, deriv. felix-icis, “felice”, la cui radice “fe-” significa abbondanza, ricchezza, prosperità.Wikipedia

La trappola: rimanere emotivamente legati dopo la separazione

 

A volte, le connessioni emotive di una coppia minano i tentativi di separazione. Queste coppie sono altamente reattive e co-dipendenti. Piuttosto che passare attraverso il dolore della separazione, le coppie persistono nell’avere sentimenti ambivalenti e cercano ripetutamente di riconciliarsi per molti anni.

Queste coppie sono profondamente legate emotivamente e sessualmente e mantengono le immagini idealizzate l’una dell’altra. Mi è capitato di fare coaching a una coppia divorziata da molti anni che viveva in case separate ma nella stessa proprietà, la loro vita privata reciproca, quindi,  alimentava le loro continue ostilità legali e contribuiva a tenerli separati, non riuscivano a staccarsi perché, inconsciamente, ognuno dei due voleva controllare la vita dell’altro, dopo vari mesi di sessioni sono giunti a  capire che tra di loro non poteva più esserci nulla e che la situazione abitativa doveva cambiare per permettergli di ricominciare a stare bene.

Alcune coppie mantengono il legame dipendendo dal loro ex-coniuge per un supporto fisico o emotivo. Alcuni tentano di aiutare l’altro proteggendolo da depressioni, standogli così’ sempre accanto, ma ho potuto riscontrare che sono proprio loro i “crocerossini” a risultare a volte verbalmente offensivi col con l’ex coniuge, pur volendolo aiutare a superare nel migliore dei modi la separazione. Così facendo mantengono  il controllo e un contatto sottile , questo provoca in chi lo subisce dipendenza e illusione che nuoce al suo stato psicofisico e mentale.

Mi è capitata una donna che si aggrappava alla speranza di una riconciliazione nonostante il suo ex marito le dicesse ripetutamente quanto fosse felice con la sua nuova compagna  e lui ,pur conoscendo la rabbia della moglie e i suoi desideri, non si allontanava, la portava agli appuntamenti e la aiutava con le faccende domestiche. Questo tipo di rapporto non poteva che distruggerla giorno dopo giorno. Le coppie che ho seguito, che a oggi hanno il rapporto migliore sia come uomo/ donna , che come genitori , nel caso vi siano dei figli, sono quelle che hanno equilibrato la loro vita in funzione di loro stessi. Il divorzio implica solitudine, cambiamento di stile di vita, perdite immaginarie di ciò che sarebbe potuto essere, e ricordi di ciò che era una volta, oltre a perdite reali su tutti i fronti, come casa, famiglia, figli, finanziario e spesso amici. Il divorzio può infrangere l’autostima e l’identità, come moglie, come marito e possibilmente anche come padre o madre. Riuscendo a riavere un equilibrio interiore si potrà riavere la vita che si desidera, con energia , stima , obiettivi e apertura verso il futuro senza necessariamente attendere qualcosa dal proprio ex.

Quando ritorna l’equilibrio interiore ?

Generalmente dopo il primo anno dalla separazione si ricomincia ad avere una visione più equilibrata delle cose, c’è chi ci mette più tempo, chi meno, ma la maggior parte delle persone che ho assistito mi conferma questa tempistica. Dopo i due anni, mi hanno spiegato, hanno formato nuove relazioni durature, e il funzionamento emotivo è tornato al livello pre-divorzio, se non migliorato addirittura. Come genitore, il  non affidatario si trova più a suo agio con i bambini, è più assertivo, mostra disciplina e affetto coerenti, a meno che i genitori non siano ancora in guerra, i bambini tornano al normale processo di crescita.

Come fare a terminare una relazione quando il tuo partner ti ama ancora

Quando ci impegniamo in una relazione per noi importante ci sentiamo molto positivi riguardo alla possibilità che duri “per sempre” ( anche se per sempre è una parola che andrebbe cancellata dall’ uso comune).

Ci rendiamo conto che tutte le relazioni hanno alti e bassi e che ognuno fa del proprio meglio per il bene della storia ignorando il male. Sfortunatamente, questi sentimenti,  possono cambiare nel tempo da parte di uno dei due , e tramutarsi  nella terribile idea di finire la relazione. La maggior parte delle persone con relazioni importanti, di lungo periodo, non fa queste scelte in modo avventato.

Molto spesso, hanno fatto tutto il possibile per rimanere innamorati dei loro partner, ma non sono stati in grado di riacquistare i sentimenti positivi che un tempo li avevano uniti. Se entrambi i partner sono giunti a questa conclusione insieme, la separazione può essere amichevole e possono anche rimanere amici. Ma se un partner vuole uscire e l’altro è ancora pienamente coinvolto nella relazione, quello che ha deciso deve affrontare sia il proprio dolore sia il disagio che crea nel altro.

Nel mio percorso di Coaching SeparatamenteInsieme di coppia, ho visto molte persone soffrire di questo tipo di conflitto. Mi chiedono indicazioni su come lasciare senza causare più angoscia del necessario poiché devono fare i conti sia con la propria colpa sia con l’angoscia di una persona che hanno amato così tanto fino a prendere un impegno per anni. Quei sentimenti sono aggravati se loro stessi hanno subito una situazione del genere in passato perché conoscono lo stato in cui si cade. Di solito si chiedono se è mai possibile porre fine a un rapporto con dignità e rispetto reciproco, in realtà questa cosa se la dovrebbero chiedere tutti  e cercare di metterla in atto per il proprio bene e per quello della persona con la quale hai condiviso molti anni della tua vita.

La maggior parte di coloro che hanno amato profondamente un altro/a, non vuole lasciare dietro di sé ricordi dolorosi o avere rapporti con qualcuno che nutre rabbia e risentimento nei loro confronti. Non hanno iniziato questa relazione amorosa con l’intento di abbandonare la nave se le cose andavano male. Né si aspettavano che un giorno non avrebbero più avuto a cuore la persona che hanno scelto sinceramente. Ora devono affrontare le promesse e lasciare i loro partner soli ​​e feriti. La verità è che, per molte persone, le aspettative dei partner in un nuovo rapporto intimo cambiano nel tempo come le promesse fatte.

La maggior parte delle relazioni affronta sfide inaspettate man mano che maturano e spesso non riescono a nutrire la coppia. Possono inconsciamente ripetere schemi distruttivi che non hanno funzionato in relazioni precedenti, o scegliere partner per le ragioni sbagliate, accecati da attrazioni che svaniscono nel tempo. È fin troppo comune che i nuovi innamorati facciano il loro miglior passo avanti nascondendo cose su se stessi che temono possano allontanare quel nuovo amante. Se la relazione diventa solida, forse quei difetti immaginati o reali sono più trascurabili. Una volta che tali comportamenti emergono, tuttavia, è probabile che il nuovo partner si senta tradito e si chieda legittimamente cos’altro potrebbe essere nascosto. A volte il danno deriva da pressioni esterne che nessuno dei due partner avrebbe potuto prevedere all’inizio della relazione.

Problemi di comunicazione, disparità nei desideri o cambiamenti delle esigenze possono creare problemi che nessuno dei due partner si aspettava o aveva la capacità di risolvere. 

Qualunque sia la ragione, uno dei due partners che ha perso fiducia nella relazione, inizia a ritirarsi, a volte in silenzio e a volte con una raffica di critiche rivolte all’altro. Il partner ancora pienamente nel rapporto spesso non vede o ignora l’ intimità che diminuisce fino a quando non è evidente che la relazione è nei guai. A quel punto, lui o lei inizierà a informarsi e sfidarsi, cercando qualche chiarimento. Se il partner che ha deciso di chiudere non è pronto per il confronto, potrebbe negare l’evidenza che qualcosa non sta andando nel rapporto, incoraggiando false speranze dall’altra parte.

Essere spogliati dello status di “persona più importante” di solito è traumatico. Lui o lei potrebbe inizialmente rispondere tentando di invalidare la gravità del problema mentre contemporaneamente tentare di cancellare la causa della preoccupazione. Questi comportamenti gemelli, sfortunatamente, possono rendere il partner che sta chiudendo intrappolato in un impegno temporaneo. Quella risposta potrebbe promettere qualcosa che non ha possibilità di accadere e causerà solo più angoscia in seguito quando riemergerà la necessità di porre fine alla relazione. Un’altra risposta comune è quella di colpire con rabbia e colpa, tenendo il partner che abbandona responsabile della fine della relazione. Essere lasciati non è qualcosa che si ama provare, cancellati o rimpiazzati, si  provano dolore emotivo e insicurezza, a volte la rabbia Quindi, se ti sei trovato in una relazione che ha perso il suo significato per te, cosa puoi fare per ridurre al minimo lo stress sul tuo partner e su te stesso?

Sei sicuro di aver dato tutto ciò che potevi, non vuoi lasciare cicatrici strazianti alle spalle, crearti un nemico o danneggiare la persona che hai amato. Principalmente, non vuoi essere visto come una persona cattiva.

In che modo, quindi, puoi procedere con il miglior risultato possibile per te e il tuo partner?

Primo passo guarda prima te stesso.

Questo è uno schema abituale per te nelle tue passate relazioni?

Ti impegni troppo e poi ti trovi più in profondità di quanto volevi?

Cerchi di fare tutto il possibile per far sentire il tuo partner più importante di te solo per tenere quella persona vicina?

Ti costringi a cambiamenti necessari in quella relazione e poi ti rendi conto che non corrispondono a ciò che vuoi?

Metti il partner su piedistalli ignorando difetti che alla fine non sei in grado di sopportare?

Sei abbastanza attento a discernere in anticipo i tuoi bisogni con quello che puoi dare?

Una volta che hai risposto a queste semplici domande potrai trovare dei nuovi spunti di riflessione sulla tua persona e su come intraprendi le relazioni sentimentali, magari qualcosa da correggere puoi trovarlo.

Non sono sempre gli altri che sbagliano, alle volte siamo noi che non riusciamo a capirci e a capire chi abbiamo di fronte.

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